Con
oggi, è passata esattamente una settimana, da quando ho iniziato a pensare di
scrivere questo post. Sta sera, finalmente, mentre un vento furioso impazza
fuori dalla finestra, sono riuscita a trovare il tempo materiale e la lucidità
mentale sufficienti per mettermi a scrivere.
Esattamente
una settimana fa, dopo mesi di attesa impaziente, sono riuscita a vedere al
cinema il film, rigorosamente firmato Disney, “Cenerentola”.
Ho
sempre avuto un debole per le principesse, come ho confessato nel mio primo
post e credo che quella di Cenerentola sia senza alcun dubbio la regina di
tutte le fiabe.
Avevo
aspettative abbastanza alte sulla proposta cinematografica Disneyana, ma devo
ammettere che sono state superate in modo sorprendente. Ciò che ho più amato
del film, infatti, non sono stati i costumi o la scenografia, gli attori o la
storia (che in fondo, tutti già conosciamo). Innanzitutto, il tema dei sogni ha
avuto un ruolo centrale ed è stato come una colonna sonora, percepibile per
tutta la durata della pellicola. Ciò mi ha regalato un’emozione unica: mentre
me ne stavo seduta divorando (molto poco regalmente) i miei pop-corn mi sono sentita
esattamente come quando ero bambina e inginocchiata sul parquet della mia
cameretta giocavo con le barbie, inventando per loro migliaia di storie, alcune
verosimili, altre incredibili. Allora, tutto era possibile. Il Mondo era un
posto magico, che andava solo scoperto piano piano. Un Mondo in cui i sogni
erano realtà, quella realtà fuori dalla mia cameretta, che un giorno avrei
esplorato. E così, durante i 112 minuti di film ho sinceramente creduto che
fuori da quel cinema ci fosse un’infinità di avventure, possibilità, sogni che
si avverano, lì, ad aspettarmi. Credo che far sentire bene le persone, in un
momento in cui non si fa altro che ricordarsi di ciò che va male (con i
talk-show, la real-tv, i docu-film ecc…) sia un gran bel proposito.
Ma
non si parla solo di sogni. La versione di Kenneth
Branagh della fiaba di Cenerentola, tra una scarpetta e l’altra,
riporta in auge principi e valori che
ai giorni nostri sono considerati purtroppo demodé. Io li ho piacevolmente
riscoperti guardando il film e ho deciso di farne tesoro, annotandoli e
ricordandomene soprattutto in quelle brutte giornate, quando più che una
principessa mi sento come la prima Genoveffa di turno o, peggio, come la
terribile matrigna (anche se l’eleganza di Cate Blanchette fa venire una mezza
idea di diventare cattiva).
Cenerentola
non ha avuto un’infanzia felice. Dopo pochi anni di serenità perde entrambi i
genitori e si ritrova a doversi rimboccare le maniche e fare da serva nella sua
stessa casa. Tutt’altro che un quadro tutto rose e fiori. Eppure, per quanto sarebbe
più che giustificata ad avere qualche rotella fuori posto o quantomeno a non
essere una campionessa di virtù, parlando della sua vita fa spallucce e
sostiene che qualcuno molti hanno una vita più difficile della sua. Vale la
pena fissare nella mente l’immagine di quelle spallucce, e ricordarsene quando
qualcuno non mi darà la precedenza in rotonda o quando entrerò in qualche strano
loop di autocommiserazione previsto magari dalle congiunzioni astrali di Paolo
Fox. Non solo Cenerentola non si lamenta, ma riesce perfino a sentirsi
fortunata. Ha infatti una tale sicurezza di sé e dei suoi valori che riesce
davvero a sentirsi migliore della sua bellissima e “arrivata” matrigna, che
fondamentalmente è il genere di donna che la maggior parte delle ragazze aspira
di essere. Bella e senza scrupoli. Non è allettante? Non per Cenerentola, che
non ha dubbi sul fatto che siano più importanti concetti noiosi e antiquati
come la bontà, la gentilezza e l’umiltà. Umiltà, che non significa certo farsi
mettere i piedi in testa e aspettare con le mani in mano che qualcuno vada a
salvarle la vita. Ecco un’altra cosa che mi piace molto: Cenerentola, in realtà,
non ha alcun bisogno di essere salvata. Abbiamo detto che effettivamente la sua
vita fa un po’ schifo, ma lei è serena, è fantastica. Il Principe Azzurro è
solo un fortunato inconveniente che incrocia il suo cammino. Niente necessità
di gesti eroici come uccidere draghi o risvegliare con baci appassionati da
sonni altrimenti eterni. Cenerentola se la cava benissimo da sola. Eppure, un
piccolo aiuto lo riceve: dalla sua fata madrina. E in questo modo il
cameratismo trionfa. Se fosse rimasta ad aspettare il Principe tutta sola
seduta su un pozzo con un vestito stracciato Cenerentola non sarebbe andata
lontano e a quest’ora non saremmo qui a parlare di lei. E’ una fata, una donna,
un’amica ad aiutarla e a determinare una svolta nella sua vita, senza la quale
la storia non sarebbe finita così. Tutte aspettiamo il Principe Azzurro. Non ce
lo diciamo apertamente, ma è così. Come tutti i ranocchi aspettano le loro
Principesse, per le quali uccidere draghi eccetera (ma data la vastità dell’argomento,
ne parlerei un’altra volta). Intanto, per ingannare l’attesa, si può sempre
contare su un’amica. E sui suoi consigli in materia di scarpette! A proposito,
è già stato detto quindi mi limiterò a sottolinearlo: mai sottovalutare l’importanza
del giusto paio di scarpe!
Infine,
è il leitmotiv del film, sono le
ultime parole che la madre di Cenerentola lascia alla figlia, sarà il mio nuovo
mantra: sii gentile e abbi coraggio. Gentile perché la gentilezza ormai è
diventata una cosa rara e una cosa rara è preziosa. Abbi coraggio, perché ti
servirà. Perché niente è facile e per fare qualsiasi cosa ci vuole un certo
coraggio. Perché per sognare ci vuole coraggio e ce ne vuole ancora di più per
realizzare i propri sogni.
Ora,
ancora un po’ trasognata, me ne vado a dormire.
A
presto!
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