"L'angoscia del tempo che passa ci fa parlare del tempo che fa"



Alzi la mano chi riconosce la citazione, perché si sarà già guadagnato la mia simpatia. Per tutti gli altri non è troppo tardi: si tratta, infatti, di una frase tratta dal film cult – per pochi! – “Il Favolso Mondo di Amelie”. Il suo triste autore è Hipolito, uno scrittore che non ha mai raggiunto il successo e trascorre le sue giornate al Café des 2 Moulins, facendo da spettatore alle vicende degli avventori e regalando qualche sua massima di tanto in tanto.

Questa mattina sono a casa dal lavoro e non ho fretta di studiare, dovendo dare il prossimo esame all’incirca tra un mese. Così, da buona edonista mancata, ne ho approfittato per non puntare la sveglia, alzarmi con calma, fare colazione lentamente con caffelatte di soia e cerali davanti alla tv e ai quei programmi un po’ trash che segretamente amo tanto. Nel pieno godimento del mio idillio mattutino solitario, mi sono accorta che mancava qualcosa, un piccolo dettaglio che avrebbe reso il tutto perfetto, la classica ciliegina sulla torta.

Il rumore della pioggia. Per noi amanti della pioggia segreti questo inverno è stato un vero disastro. E’ facile amare il sole, il tepore e le belle giornate, come è facile amare chi è bello, bravo e le azzecca sempre tutte. Ma ci vuole una vera e propria dedizione per le giornate uggiose. Parlo di quando il cielo è grigio, fa buio, la pioggia cade e il suo rumore ci accompagna a casa, dove ci aspetta l’esclusiva gioia di infilare le pantofole asciutte, accoccolarci sotto a una coperta e scaldarci con una bella tazza di the bollente.


Ecco, oggi parlo del tempo che fa, anche se in modo un po’ impopolare. Del tempo che passa, me ne occuperò un altro giorno, magari un giorno di pioggia.


(foto: www.hotflick.net)

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