Che piaccia o meno, un infermiere
nella stragrande maggioranza dei casi lavora costantemente a stretto contatto
con le persone e instaura con loro rapporti più o meno duraturi e profondi, a
seconda del feeling tra le parti. Dico che
piaccia o meno perché, contrariamente a quanto si pensi universalmente,
l’infermiere è un professionista, non una sottospecie di sorella di carità con
al collo un fonendoscopio al posto del crocefisso, ergo ci sono alcuni giorni
in cui di instaurare i suddetti rapporti non ne ha nessuna voglia e si deve
costringere ad abbozzare un sorriso e a cantilenare qualcosa sul troppo freddo,
sul troppo caldo, sul tempo che vola… Altri giorni, invece, lavorare con le
persone può diventare una piacevole sorpresa, perché non si sa mai fino in
fondo cosa si nasconde dietro a un volto solcato da una ragnatela di rughe,
dietro un paio di occhi spenti o dietro a una faccia francamente antipatica.
Qualche giorno fa, stavo preparando la terapia orale per alcuni
pazienti di un centro diurno per anziani, quando scorsi con la coda dell’occhio
Enrico (nome di fantasia) che si avvicinava al mio carrello, con il suo passo
un po’ strisciato e lo sguardo perso. Interruppi il mio lavoro (si, lo so che
non bisogna distrarsi quando si prepara la terapia, ma capirete in seguito che si
trattava di un’emergenza!)
Enrico è un vecchietto alto e magro, un po’ ricurvo, estremamente
preciso, con alle spalle una vita da impiegato, sempre puntualmente abbigliato
con camicia e cravatta, nonostante le temperature proibitive degli ultimi
giorni, e con un riportino grigio immobile sulla testa. Parla poco e a bassa
voce, mangia come un uccellino e ha sempre un’aria un po’ malinconica.
-
Enrico, tutto bene?
-
(mormorii confusi tra i quali mi sembra di udire
la sillaba –pres)
-
Vuole che le misuri la pressione?
-
No, no sono depresso.
-
Ma come è depresso? Come mai?
-
Eh…ho tanti pensieri…
-
Che genere di pensieri?
-
Eh…con mia moglie non funziona più!
Strabuzzo gli occhi, ma cerco di mantenere un certo contegno.
-
Mi dispiace, ma perché dice così?
-
E’ sempre stato così…lei dice bianco e io dico
nero! Non andiamo proprio d’accordo…
-
Beh, ma Enrico bisogna trovare il grigio:
bisogna trovare qualche compromesso!
-
Eh ma ormai sono tanti anni…
-
Da quanto siete sposati?
Riflette un attimo con gli occhi verso il cielo.
-
Dodici anni!
Dubito che siano solo dodici anni, ma, ancora una volta, faccio finta
di niente.
-
Sono proprio tanti! Ma vedrà che le cose si
aggiusteranno…
-
Eh sì…grazie eh…
E si allontana strisciando il
passo, allo stesso modo in cui si è avvicinato.
Resto confusa e vagamente spaesata. Sono sempre stata convinta del
fatto che dopo una certa età gli unici problemi di cuore di cui si possa
soffrire siano prevenibili con un elettrocardiogramma di controllo di tanto in
tanto e curabili con la giusta dose di b-bloccanti!
Eppure, nonostante a Enrico manchi indubbiamente qualche venerdì,
posto che questa fantomatica moglie sia ancora viva e vegeta o, comunque, che
sia mai esistita, lui passa la sua vecchiaia struggendosi per amore. Tutto
sommato è in forma e potrebbe godersi gli ultimi anni della sua vita ascoltando
la radio, giocando a carte, colorando disegni insieme agli altri ospiti e
invece spreca il suo tempo e le sue energie pensando alla sua non tanto dolce metà...
Io ho appena 23 anni e l’idea che anche quando ne avrò 83, quindi
ancora per i prossimi 60 anni, mi toccherà arrovellarmi il cervello per
questioni di cuore mi fa sentire una strana cosa allo stomaco…e non sono
farfalle!
Eppure…wow! Mi ritengo un’agnostica in tema di amore, so che esiste ma
non saprei descriverlo. Ma che sia un’invenzione del marketing per far vendere
i Baci Perugina, che sia una magia, un inferno, un nobile sentimento, che sia
quello di Paolo e Francesca o quello della posta del cuore di Donna Moderna,
resta il fatto che non ce ne libereremo
mai! Se sia un bene o un male? Ai
posteri l’ardua sentenza!
(foto:
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